0%

Anoressie, Bulimie, Nuove dipendenze

Home / Associazione Culturale / Pubblicazioni / Anoressie, Bulimie, Nuove dipendenze

Anoressie, Bulimie, Nuove Dipendenze.

Terapia o Terapie?

M. Riva, D. Summo, A. Botti

ABA News, n. 20, 2011

Associazione per lo studio e la ricerca sull’anoressia, la bulimia e i disordini alimentari

 

Da molti anni, da vent’anni, pazienti  anoressiche e anoressico-bulimiche si rivolgono all’ABA per risolvere i loro problemi  con il cibo. Da vent’anni i terapeuti dell’ABA ascoltano queste persone che non hanno problemi con il cibo. Ormai da tempo  in ABA giungono  domande di soccorso  da parte  di chi,  oltre a non avere problemi  con il cibo, non ha problemi  con l’alcool, con il sesso;  né con la cocaina, né con il partner, né con l’ambiente di lavoro né tanto  meno con vari tipi di consumo…

Se non hanno  i problemi  che  dicono  di avere di cosa soffrono queste  persone che stanno male, che trascorrono giornate sature di angoscia e risucchiate da legami totali con qualche cosa che spesso  si chiama cibo ma anche partner, genitori, alcool…?

Da vent’anni i terapeuti dell’ABA si fanno questa domanda. Ad ogni nuovo incontro con un o una nuova paziente “legata” al cibo, al lavoro, agli acquisti.. i terapeuti si interrogano.

Questo è l’inizio della cura cioè l’analisi della domanda.

È uno strano  inizio di cura  dove qualcuno sa già tutto,  cioè le pazienti, e qualcuno non sa ancora,  cioè  il curante. Davvero strano  inizio di un  rapporto  tra  chi  chiede  una  soluzione, che  già  possiede nel  sintomo,  e  chi  dovrebbe  averla  ma  non  l’ha, quantomeno non  l’ha pronta  all’uso.

Crediamo sia questa  la differenza sostanziale  tra  l’inizio di una terapia in ABA e gli inizi possibili  negli ormai sempre più numerosi centri che  offrono terapie per  i disturbi  della condotta alimentare cioè tra una  cura  ancora  ignota,  ovvero in costruzione, e una  cura  già certa  e protocollata.

Di cosa hanno bisogno le pazienti anoressiche e le pazienti bulimiche?

Di cosa  hanno  bisogno  le persone  dipendenti da  cocaina?  E quelle  dipendenti dal  gioco d’azzardo  e  da  internet e  da  alcool  e  da  shopping  e  da  altro?  Sintomi  differenti, stili  di vita differenti, estetiche differenti  hanno  però prodotto  in noi sensazioni e poi evidenze  di somiglianze. Progressivamente siamo  stati  colti  da  somiglianze  non  certo  dei  sintomi  né degli stili di vita.

Nel tempo, in vent’anni, abbiamo visto analoghi vissuti di imprigionamento in un bisogno, abbiamo visto stati di bisogno continui e abbiamo visto legami-condanne. Legami imprescindibili con una Cosa che ha molti nomi.

Abbiamo vissuto con i nostri pazienti  il loro doloroso bisogno di soluzione  di quel legame,  di risoluzione,  di libertà  da quel legame  condannante.

I sintomi sono risposte, difese  dalla prigionia del bisogno, sono modalità di sopravvivenza, sono “terapie sbagliate”, auto-terapie che molte persone incontrano nel corso della propria vita.

Abbiamo immaginato una parola che è “qualsiasicosa”, cioè dipendenza da “qualsiasicosa”, come parola orientante verso un maggior livello di comprensione del funzionamento psichico, del mondo che abitano  e delle relazioni che hanno  le persone  che ci chiedono  aiuto. Bisogno continuo di “qualsiasicosa”.

La condizione  di bisogno costante ci ha permesso un primo orientamento. Questo punto di vista ci ha permesso di capire quanto i sintomi fossero terapie dei bisogni. Terapie sbagliate per bisogni  disperati.  Terapie  assolute come  il  rigore  anoressico che  permette il  totale controllo. Terapie parziali che mostrano  il cedimento al bisogno come la crisi bulimica  e tutti i cedimenti “spostati” su qualche cosa..  su “qualsiasicosa”.

Noi  sappiamo,  perché   spessissimo  lo  cogliamo  in  molte  pazienti,  quanto   quel  legame obbligato  e  doloroso  sia  con  la  famiglia,  con  madri  e  padri  assenti o iper  presenti. Noi abbiamo  capito  quanto  quel  legame  “spostato” sul sintomo  abbia  a che  fare con l’assenza o non sufficiente presenza di empatia cioè della capacità del genitore  di mettersi nei panni del figlio, cioè del provare a capire  chi sia la figlia o il figlio “reali”.

Quanti genitori assenti  o iper presenti. Genitori  comunque con  la  mente   altrove.  In  un altrove dalla figlia reale,  con la mente  in un’altra figlia cioè in una figlia “ideale”.

Quanta colpa e quanta rabbia per non essere  quelle  figlie ideali per i genitori,  nelle nostre pazienti  reali.

Quanto dolore  per  questa assenza di “veri legami”  nelle  nostre  pazienti. Quanta  ricerca dell’assente, cioè delle emozioni dell’Altro, del sentirsi  pensate e riconosciute dall’Altro. Chissà  da dove vengono il vuoto e i tentativi  di controllo  di questo  vuoto continuo  se non dalla famiglia? Chissà da dove vengono le ricerche  disperate di legami delle nostre  pazienti se non dalla famiglia?

Chissà da dove vengono le dipendenze delle nostre  pazienti  se non dalla famiglia? Sembra  questa una ricerca  e una individuazione del colpevole,  la famiglia,  ma non lo è. Non lo è perché  attorno,  attorno  alle famiglie,  attorno  ai pazienti  c’è il mondo.

In ABA proviamo  a guardare  al mondo  che  abitiamo  come  elemento che  ci costituisce e continua a costituirci ogni giorno della nostra  vita.

In  questo   senso  non  pensiamo  ad  un  marchio  famigliare,   ad  un  imprinting   genitoriale definitivo,  non pensiamo che  la personalità sia un oggetto  concreto  che  si costituisce e si cementa nei primi mesi o anni e tale resta per sempre. Pensiamo invece ad una personalità, a qualunque personalità, come ad un “processo” in divenire che si modifica in relazioni agli incontri  che fa nel corso di tutta  la vita.

Le persone  che  incontriamo in ABA, i genitori  di queste persone, e noi stessi, siamo tutti prodotti degli incontri che abbiamo fatto nel corso della nostra vita. Non tutto  si gioca nei primi mesi,  si gioca anche  prima  della  nostra  nascita, cioè nei “lasciti” transgenerazionali, ma si gioca anche  dopo la nascita, dopo i primi anni,  dopo l’adolescenza, si gioca per tutta la vita. siamo quelli che siamo stati e quelli che non siamo ancora.

Noi e i nostri pazienti  abitiamo il mondo delle offerte e delle risposte.

Il mondo delle offerte di “qualsiasicosa” cioè il mondo della creazione continua di bisogno. “Non basta  sottomettere più  o meno  pacificamente le masse  al nostro  regime…  vogliamo operare affinché dipendano da noi come da una droga”. Da questa dichiarazione di Goebbels,

il ministro  per la propaganda nazista, ma anche  da prima,  ma anche  da altrove,  anche  da altri regimi noi proveniamo.  Noi respiriamo  il nostro mondo e i mondi che lo hanno preceduto. Un mondo popolato da genitori anch’essi bisognosi,  genitori di genitori, generazioni  prodotte per avere bisogno.

Addestrati  ad addestrare cioè a non dover pensare ma ad aderire  a soluzioni già pronte. Siamo  saturi  di risposte  e impossibilitati a so-stare  nell’interrogarsi.  siamo privi, deprivati della possibilità di rispecchiarci nell’Altro.

Siamo  addestrati ad “incidere” i nostri  bisogni  nell’Altro. Questo  Altro, spesso, sono i figli, spesso  sono i compagni  della vita.

Allora la domanda che  ci facciamo  in ogni incontro  con  le pazienti  e con  i pazienti  che incontriamo è relativa al legame che imprigiona quella persona. Che legame, che impedimento, che “oggetto ostruente” è presente?

A che livello evolutivo è bloccata questa persona?  Quale può essere  la stazione  successiva nel  percorso  verso il cambiamento, verso l’evoluzione dei  suoi  legami  affettivi?  Che cura- incontro  sarà utile? Che cura può adesso  affrontare?

La cura  in ABA è intesa  come  un  incontro  che  mira al cambiamento di ciò che  sta  sotto al sintomo,  una  cura  che  mira al cambiamento  del modo di vivere i legami affettivi, una trasformazione dalle prigioni di obbligati  codici affettivi.

In questo senso “dinamico” in ABA non esiste una cura, ma esistono “le cure” e le combinazioni tra le cure  pensate e costruite sulla  persona  e sul quel  suo momento  esistenziale su quale sia la “trasformazione” possibile  per quella  persona  in quel suo specifico  momento.

In questo  senso in ABA non sappiamo aprioristicamente quale possa essere la risposta, non vogliamo sapere quale sia il protocollo per una impersonale terapia pre-formata.

Certo, il gruppo monosintomatico ad orientamento analitico è e resta la risposta, a nostro avviso, più utile  in relazione  alle difficoltà  di empatia, di incontro  con l’Altro, che  frequentemente riscontriamo. A volte offriamo percorsi  psicoanalitici personali  quando  la domanda di aiuto lascia spazio ai “piccoli suoni” udibili solo nello spazio emotivo psicoanalitico interpersonale. A volte  riteniamo   necessario utilizzare  percorsi  psicoterapeutici  di  supporto-guida,  cioè cognitivi, in relazione  al “frastuono” dei sintomi.

A volte, quando  l’angoscia disorientante da perdita  del sintomo che non orienta più, o i vuoti lasciati  dalla  colpa  e incisi  dalla  vergogna,  cioè la depressione, risultano  impedenti la vita, l’intervento psicofarmacologico è inevitabile.

A volte è il corpo ad essere  “Innanzitutto” e allora la risposta  non può che essere  quella  del medico  di medicina generale. Non solo a volte ma spessissimo i genitori, le madri, padri, i compagni della vita, risultano gli elementi  determinanti del “campo affettivo” sofferente delle persone che ci chiedono soccorso e su questi legami noi concentriamo con frequenza sempre maggiore la nostra attenzione.

E,  sempre, il  mondo  che  abitiamo   e  che  ci  configura  è  implicato   nei  disagi  dei  nostri pazienti. Su questo  nostro mondo noi possiamo  continuare ad interrogarci.

In ogni caso,  ogni caso  clinico,  qualsiasi  intervento terapeutico,  qualsiasi  combinazione terapeutica è preceduta da un pensiero.  È un  pensiero  che  attraversa, sempre, il sapere psicoanalitico.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi